Tra tanti distillati ricchi di aromi e di profumi, il gin secco è, sicuramente, uno dei più puri ed essenziali. Una bevanda molto in voga nel Regno Unito, dove fin dal 1600 potevano permettersela tutti, perfino i più indigenti.
Inizialmente proprio qui (a Londra in particolare) la produzione era stata liberalizzata e il governo imponeva una tassazione minima sulle vendite. Addirittura, tra i datori di lavoro era consuetudine dare qualche bottiglia ai dipendenti, allo scopo di coprire parte della paga mensile.
Da quel periodo a oggi hanno avuto luogo parecchi cambiamenti. Il dry gin non è più un surrogato economico del whisky o delle acquaviti di importazione francese, ma è diventato una delle varietà più apprezzate nel mondo bartender. Non solo, ma trova spazio anche in cucina nella preparazione di gelati, sorbetti e altre delizie tutte da gustare.
Nelle prossime righe scoprirai i segreti più nascosti dello spirit London style per eccellenza, ormai prodotto a livello planetario con successo. Dagli abbinamenti ai cocktail, avrai una panoramica sulle caratteristiche che lo contraddistinguono dai prodotti affini più soft.
Di seguito, prima di continuare, abbiamo preparato per te una lista dei migliori gin secchi in circolazione. Hai già individuato il tuo preferito?
Forte nel bouquet, deciso nel gusto, cristallino nell’aspetto, maschile per eccellenza: la versione dry del gin è adatta a te se ami sentire l’intensità delle note di ginepro. In altre parole, se le miscellanee tendenti al dolciastro o particolarmente ricche in botanicals non ti entusiasmano.
Ma cosa sta alla base di un preparato così “spartano”? Per comprenderlo, devi conoscere più nel dettaglio le tecniche di produzione. La bevanda viene ottenuta con un procedimento di singola o di doppia distillazione in corrente di vapore, previa infusione delle aromatiche (disposte in una tramoggia forata) a 78°C, all’interno di appositi alambicchi.
L’alcool, ricavato per fermentazione di cereali di ottima qualità, è alla base del sapore astringente dello spirit. Meno comunemente si utilizzano patate (polpa o fecola) o mele, che conferiranno al distillato dei tratti decisamente più blandi. Anche il tenore di zucchero deve stare al di sotto dei limiti predefiniti. Per 1l di alcool sono ammessi quantitativi fino a 0,1 g.
Non è difficile capire, quindi, le ragioni per cui un buon gin secco non può mancare nell’area bar di casa tua. Il fatto di mirare all’essenziale è un ottimo requisito per dare un tocco di personalità a qualsiasi bevanda e ne fa un ottimo ingrediente per i tuoi long drink.
Ha più l’aspetto di un whisky ma è l’antenato diretto del gin secco ed è molto apprezzato anche oggi. Le origini sono da ricercare nei Paesi Bassi, precisamente intorno al 1660 ad opera del ricercatore e botanico Franciscus Sylvius.
Lo scienziato, infatti, aveva studiato e realizzato la bevanda con finalità medicinali, in quanto destinata alla cura della gotta. Il Genever viene ottenuto esclusivamente per fermentazione dell’orzo maltato, alla base del suo colore ambrato.
Un distillato di qualità manifesta le proprie potenzialità consumato liscio: questa regola vale non solo per i gin premium, ma anche per altre bevande. Prima di dedicarti alla preparazione di long drink dovrai effettuare una degustazione a una temperatura di 20-23°C, senza ulteriori aggiunte, nemmeno di ghiaccio.
In questo modo potrai renderti conto dell’aspetto, del bouquet e dell’aroma, apprezzandone tutte le sfumature. Il primo punto da considerare è la limpidezza: per rendertene conto, basterà osservare il bicchiere (preferibilmente un tulip o un tumbler basso) in controluce e notare la presenza di eventuali depositi o torbidità.
Non c’è bisogno di far roteare la bevanda per avere un’idea approssimativa della gradazione alcoolica. La disposizione di goccioline fitte e piccole depositate nella parete interna sono indizio sicuro di valori sono alti. Mediamente si attesta intorno al 40% in volume, ma può arrivare anche al 70%.
Anche l’impatto all’olfatto e al gusto acquistano una notevole importanza nella fase di assaggio. Basteranno piccoli respiri (olfazioni) e la degustazione di un piccolo sorso di gin per catturarne le note: l’importante è fare arrivare il prodotto alla lingua e al palato. In un ottimo spirit secco consumato liscio dovrai notare:
Un piccolo consiglio: se ritieni troppo forte il gin che stai provando, non allungarlo con acqua; perderesti tutta la componente aromatica. Piuttosto, tieni un bicchiere pieno a portata di mano e bevila a parte.
Una volta fatte le dovute prove con il distillato liscio, puoi passare alla realizzazione di cocktail e long drink. Grazie all’aggiunta di pochi ingredienti potrai mettere in risalto alcuni tratti della base, a seconda del risultato da raggiungere.
Dopo aver visto come fare la degustazione di prova, è arrivato il momento di conoscere i modi per trarre il meglio dal distiller. Il dry gin, infatti, è uno dei must have da tenere sempre a portata di mano nell’angolo bar del tuo salotto. Ti sarà utile nella preparazione di molti aperitivi, dessert o come ingrediente in cucina.
Prima di tutto, ricorda che una buona resa della bevanda dipende in gran parte da un’altrettanto buona conservazione. Analogamente alla maggioranza dei superalcolici non è indicata una data di scadenza nell’etichetta, ma faranno fede alcuni suggerimenti per mantenerlo in ottime condizioni. In particolare dovrai:
A questo punto potresti chiederti: per quale motivo non si può mettere il gin in frigorifero? Perché aumenta la viscosità, quindi diventa meno semplice da dosare e lavorare insieme ad altri ingredienti. Inoltre, il freddo fa percepire in maniera più blanda gli aromi. Se proprio non sai rinunciare all’effetto ice, aggiungi qualche cubetto di ghiaccio.
Fatta questa doverosa premessa, ti invitiamo a preferire i gin secchi nelle ricette di cocktail e long drink in cui l’aroma del ginepro domina su tutti gli altri. Ottimo anche l’accostamento con limone, lime, pompelmo e cetriolo per esaltare la freschezza della bevanda, ma solo se ti piacciono le note aspre e asciutte.
Cautela, invece, se prevedi l’aggiunta di ingredienti fortemente balsamici, come menta, rosmarino, timo, liquirizia e anice. Le loro note rischiano di rendere il gusto troppo astringente, pertanto non esagerare con le quantità. Abbastanza riuscito l’abbinamento con aromi fruttati e floreali, mentre ti sconsigliamo quelli boisé e fortemente speziati.
L’aggiunta di soda, acqua tonica, gassosa o altre bibite frizzanti è permessa per dare un’impronta sparkling al tuo drink. In questo caso puoi scegliere delle varietà aromatizzate a tuo piacere, purché non ti lascino la bocca secca. Attenzione anche alla ginger beer: utilizzala a piccole dosi, altrimenti rischi di ritrovarti con una bevanda molto amara.
Prima di andare avanti, tieni presente il significato della dicitura dry per il gin. Questa si riferisce non tanto a considerazioni su consistenza e sapore, quanto all’assenza di altri botanicals dominanti oltre alle bacche di ginepro. Il preparato non è sottoposto ad affinamento in botti, proprio per impedire che il legno rilasci le sue componenti aromatiche e ne alteri il gusto originario.
Come abbiamo avuto modo di vedere finora, si tratta della versione base per eccellenza di questa grande famiglia di distillati. Tale precisazione è basilare per fare acquisti consapevoli, scegliere i prodotti più in linea con le tue esigenze e utilizzarli in modo opportuno nella mixology.
Partiamo da un grande classico come il Gin Tonic, in cui il distiller secco offre sicuramente il meglio di sé. Ingredienti ed esecuzione sono molto semplici e veloci: dovrai riempire un tumbler alto con qualche cubetto di ghiaccio, versare prima 50 ml di gin con un jigger e poi dell’acqua tonica.
Dopodiché mescola appena con un bar spoon per non far sgasare la bibita e completa con una scorza di limone completamente priva dell’albedo (la parte bianca, dal gusto amarognolo). Come garnish puoi aggiungere anche una fettina di lime, di pompelmo o di arancia tarocco essiccata.
Altro cavallo di battaglia è il Dry Martini, un drink raffinato ed elegante, da gustare liscio e fresco nella coppetta da portata. Ti basterà versare del ghiaccio a cubetti nel miscelatore fino a quando le pareti non diventeranno fredde, poi dovrai eliminare il deposito liquido con l’aiuto di uno strainer.
A questo punto versa prima 60 ml di gin e poi 10 ml di vermouth secco. Rimesta con un bar spoon e versa nel bicchiere precedentemente messo in frigorifero. Puoi servire il cocktail con fette di agrumi a scelta o con olive verdi particolarmente carnose, come la varietà Bella di Cerignola, la Nocellara dell’Etna e quella del Belice.
Se ti piace la semplicità, il White Angel è quello che fa per te. Diventato famoso grazie al romanzo e all’omonima pellicola “Colazione da Tiffany”, la bevanda prevede un mix di 40 ml di gin e 40 ml di vodka, servito in coppette da Martini. Naturalmente senza aggiunta di latte, come invece faceva Audrey Hepburn nel film.
Nulla vieta di accostare il distillato a infusi e tisane, soprattutto d’estate. L’umidità e le alte temperature, infatti, richiedono di ridurre i quantitativi di alcool ingerito, alla base di un aumento di sudorazione, secchezza alle mucose e sensazione di calore. Perché, quindi, non provare un the al bergamotto freddo, corretto al gin?
Sarà un ottimo intermezzo da concederti ogni tanto, nelle giornate più afose. Le quantità degli elementi liquidi variano a seconda dei tuoi gusti; puoi servirlo con ghiaccio e guarnire con scorze o fette di agrumi, rigorosamente non trattati e ben lavati. Possibilmente, evita di aggiungere zucchero, miele o altri dolcificanti, per non attenuare gli aromi.
La risposta è: dipende dai gusti personali, dalle finalità di utilizzo, dal bagaglio di esperienze di degustazione e dal periodo dell’anno. Le varietà più morbide, infatti, si addicono a long drink dal gusto non aggressivo e ai periodi in cui le temperature esterne risultano più miti (primavera, autunno e, nelle versioni più persistenti, anche d’inverno).
Ricorda, inoltre, che i neofiti del mondo del gin potrebbero non apprezzare i distillati molto secchi, soprattutto se non conoscono le regole per una corretta degustazione. Il dry gin, quindi, è perfetto per intenditori ed estimatori degli spirits, persone esperte nella preparazione dei cocktail e perfino cuochi provetti.
Anche l’accostamento con le pietanze può fare la differenza. Un drink realizzato con un gin morbido si abbina a piatti a base di pesce e carni bianche, contorni di verdure crude e cotte, torte salate e semifreddi al cucchiaio. Lo stesso vale per primi piatti a base di riso e di pasta, purché mantecature e condimenti non siano troppo grassi ed elaborati.
Le bevande fatte con le varietà più essenziali in botanicals, invece, sono ottime come accompagnamento per cibi dall’alta componente lipidica. Carni rosse e rosate con evidenti marezzature, arrosti bardati con pancetta o lardo, salumi e formaggi stagionati, fritture e finger food farciti con salse molto strutturate sono solo alcuni esempi da cui puoi trarre spunto.
Anche in questo caso la risposta non può essere univoca. In linea di principio, comunque, possiamo affermare che le varietà dolci risultano più gradite a un pubblico femminile, mentre quelle dry sono più apprezzate dagli uomini dai 50 anni in su.
Anche gli utilizzi sono differenti. I gin secchi ben si adattano alle ricette tradizionali dei cocktail, mentre quelli con tenore di edulcoranti aggiunti superiore allo 0,1% per litro si prestano a varianti innovative ed estrose. Tra le fragranze più ricercate per le versioni zuccherine ricordiamo:
In tale categoria possono rientrare anche i cosiddetti gin gastronomici. La loro composizione include ingredienti come olive di qualità, pomodori e perfino tartufi.
Asso nella manica nell’angolo bar di qualsiasi abitazione, il dry gin è un prodotto immancabile nella dotazione di bartender e intenditori di superalcolici. Dai suoi albori ad oggi ha acquistato sempre più prestigio, fino a diventare uno dei distillati più amati di sempre.
Dal sapore persistente e, allo stesso tempo, mai aggressivo al palato, il gin London style viene impiegato non solo nella realizzazione dei cocktail, ma anche per il consumo in purezza. È adatto anche alla realizzazione di dessert e a numerose ricette in cucina, specialmente nella preparazione delle carni.
Avendo una lista ingredienti ridotta al minimo risulta abbinabile a innumerevoli pietanze, soprattutto quelle più strutturate e dalla forte componente lipidica. Nelle versioni più pregiate diventa anche un’ottima idea regalo per parenti e amici estimatori della bevanda e della mixology, meglio se corredata di astuccio per un effetto luxury.
Attualmente viene prodotto con successo in numerose aziende sparse in tutto il mondo, alcune delle quali in Italia. In conclusione, si tratta di un distiller estremamente versatile, facile da trovare, con un buon rapporto qualità-prezzo. L’ideale se ami arrivare all’essenza, anche in campo eno-gastronomico.
Il blog sul Gin Numero 1 in Italia
3 commenti su “Gin Secco: Guida Del 2025! Perché Preferirlo Al Morbido?”
Adoro il gin ma il martini cocktail non si prepara come indicato ….si mette il martini extra dry nel ghiaccio nello shaker Boston si agita leggermente si butta il martini utilizzando la “molla” si aggiunge il gin nel ghiaccio si agita nuovamente per poco e si versa nel bicchiere classico da Martini cocktail raffreddato in freezer si inserisce oliva o se si preferisce spruzzata di buccia di.limone fiammata ….se si vuole il martini anziché buttarlo si può metterlo in una coppetta dove si mettono olive da servire con il cocktail …. È un vita che lo bevo e purtroppo sempre di più non si trova mai fatto bene
Inoltre come vermouth dry si può usare il Martini, certo, ma gli esperti preferiscono Noilly Prat. È naturalmente questione di gusti, però.
La preparazione da lei indicata è soltanto una variante, preferita da chi apprezza il Martini cocktail molto dry.
La preparazione indicata dal sito è quella classica, codificata ufficialmente dall’I.B.A.